Gabriele Del Grande,
Khaled Solimani Al Nassiry, Tareq Al Jabr
Io sto con la sposa
300 euro (il prezzo
per la proiezione pubblica del loro documentario, IVA compresa)
La colpa è degli
immigrati. La delinquenza è colpa loro, perché sono ladri,
stupratori, spacciatori, papponi. Poi ci rubano il lavoro, quei pochi
che non rubano. Non hanno voglia di fare un cazzo, ma ci rubano il
lavoro, così giusto per dar fastidio. Minano le nostre radici
cristiane, qualsiasi cosa voglia dire questa frase fatta, ci
islamizzano, anche se sono rumeni, quindi cristiani e comunitari.
Hanno rovinato la nostra bella città, dove si stava così bene, così
tranquilli. Mia mamma non mi apre nemmeno più il portone di casa sua
se non guardo fisso nel videocitofono per 15 secondi, senza cappello
e fresco di rasatura. E' colpa loro persino lo scandalo corruzione
nella capitale, chissà perché, ma si è letto anche questo.
E poi c'è chi la
pensa diversamente, che vede e capisce che dietro l'immigrazione ci
sono questioni più complesse legate a guerre, regimi, eredità di un
colonialismo che ha spogliato e derubato una Io sto
con la sposa fa emergere in maniera prepotente questo aspetto: un
barcone che affonda pochi chilometri al largo di Lampedusa causando
250 morti è una tragedia, ma serve uno sforzo ulteriore per capire
che 250 persone che affogano così, non sono una tragedia, sono 250
tragedie. Anche i più attenti, i più informati, di fronte alla
violenza di guerre e dei loro strascichi, di cui spesso l'Occidente
nelle sue varie forme si fa complice, se non promotore, restano
spesso sommersi e sopraffatti dalla dimensione del disastro, perdendo
di fatto il lato più umano della questione. Ogni persona che fugge
oggi dalla Siria, dalla Palestina, dall'Iraq o da un qualsiasi altro
posto dominato dalla guerra, dalla violenza o dall'insensatezza porta
con sé un storia e una rete di relazioni. Ogni persona che affoga in
mare, porta con sé, sul fondo del Mediterraneo la sua di storia, i
suoi affetti, le sue speranze, i suoi segreti. Gli inviati di guerra,
in maniera più o meno onesta, ci raccontano l'insieme, danno una
dimensione e una portata a ciò che accade in molti luoghi del Mondo
e oggi più che mai in Medio Oriente. Poi però, qualche volta serve
qualcuno che ci racconti le storie degli uomini, le loro piccole
storie. Qualcuno che ridia una dimensione umana alla questione, senza
giudizi, lasciando raccontare, per evitare che il tutto si riduca a
una conta di annegati. Io sto con la sposa fa questo.
parte del mondo. La
questione dell'immigrazione è qualcosa di enorme, con radici
profonde e una chioma ramificata, ma è fatta di piccole storie di
uomini normali. Serve a volte un grande sforzo per riuscire a
recuperare la dimensione umana della questione. Così le guerre
restano guerre e non uomini che si uccidono e gli immigrati restano
una categoria umana indistinta e non uomini e donne reali.
In stazione Centrale
a Milano due persone camminano svelte, si sono date appuntamento per
un caffè e due chiacchiere. Uno è italiano, ma tra loro parlano in
arabo. Sentendo la lingua un ragazzo sbarcato pochi giorni prima da
un barcone si avvicina e chiede loro da che binario parta il treno
per la Svezia. I due si guardano straniti e invitano lo straniero ad
unirsi a loro per quel caffè. Questo è il via a Io sto con la
sposa, non al film, alla storia che porterà al film. Più
informazioni le trovate qua:
Il documentario ci
racconta la storia, brevi frammenti di storia, di alcune persone,
cinque per Io sto con la sposa ci
riescono molto bene, forse perché per raccontarla si sono messi loro
stessi in gioco. Hanno dovuto disobbedire, opporsi a leggi ingiuste e
rischiare in prima persona. Hanno condiviso il pericolo e
l'insicurezza dei fuggiaschi. L'umanità ha prevalso sulla legalità.
l'esattezza. Sono arrivati in Italia, ma vogliono andare
in Svezia e trovano qualcuno disposto ad aiutarli. Così c'è il
viaggio, con ciò che ci si porta appresso e ciò che si è lasciato
indietro, una narrazione di parole e di silenzi. Raccontare una
storia non è facile, bisogna evitare patetismo, preconcetti, la
retorica del sentimento. I ragazzi di
Per questo il LAC
sostiene Io sto con la sposa e i suoi narratori e nel nostro
piccolo cerchiamo di diffondere la loro storia e la loro esperienza,
di vera autentica Resistenza, politica, morale ed umana.
Uno dei cinque è
Manar, anzi, Mc Manar, 12 anni, dalla Palestina:
Il 16 dicembre lo
proiettiamo al Theater im Hof.
cb